Pro Loco Collebeato, Amministrazione Comunale di Collebeato e Parrocchia di Collebeato, in occasione della Giornata della Memoria, invitano alla serata:
“174.488. Un Uomo, Alberto ” di e con Luciano Bertoli
Luciano Bertoli, attore bresciano, protagonista e autore del testo, presenta in questo spettacolo un collage di pagine tratte da vari libri scritti da Primo Levi relative ad Alberto Dalla Volta. Con lui in scena il musicista collebeatese Davide Bonetti, fisarmonicista, che accompagnerà e cadenzerà le letture dei testi con canzoni e brani musicali dell’epoca. (scarica la locandina)
Alberto Dalla Volta, è l’uomo che salvò la vita a Primo Levi, quell’Alberto che nell’inferno del lager strinse con lo scrittore piemontese un’amicizia forte e intensa. Un’amicizia che vive nelle pagine insieme dure e appassionanti di colui che è stato uno straordinario testimone di uno dei più strazianti orrori del Novecento. Molti di noi, che hanno accostato le pagine di Levi, ricordano nitidamente la figura dell’amico di Primo, ma non tutti sanno che questo amico, Alberto Dalla Volta, era bresciano. In tutti i suoi scritti Levi cita l’amico solo per nome o, tutt’al più, con l’iniziale del cognome, questo per espressa richiesta dei familiari che, una volta conclusa la guerra e conosciuto Primo Levi, non accettarono mai il fatto che da quello stesso inferno che aveva restituito Primo, Alberto invece non sarebbe mai tornato.
Alberto è il mio migliore amico, scrive Levi in “Se questo è un uomo”.
Alberto è entrato nel Lager a testa alta, e vive in Lager illeso e incorrotto
ALBERTO DALLA VOLTA
Fu l’uomo che salvò la vita a Primo Levi, che nell’inferno del lager strinse con lo scrittore piemontese un’amicizia forte e intensa. Un’amicizia che vive nelle pagine insieme dure e appassionanti di colui che è stato uno straordinario testimone di uno dei più strazianti orrori del Novecento. Molti di noi, che hanno accostato le pagine di Levi, ricordano nitidamente la figura dell’amico di Primo, ma non tutti sanno che questo amico, Alberto Dalla Volta, era bresciano. In tutti i suoi scritti Levi cita l’amico solo per nome o, tutt’al più, con l’iniziale del cognome. Questo per espressa richiesta dei familiari che, una volta conclusa la guerra e conosciuto Primo Levi, non accettarono mai il fatto che da quello stesso inferno che aveva restituito Primo, Alberto invece non sarebbe mai tornato. La storia di Alberto, quella che appartiene ai suoi anni bresciani, l’ha raccontata Marino Ruzzenenti nel saggio dal titolo “Alberto Dalla Volta, l’eroe di Auschwitz, il primo ebreo catturato a Brescia dai fascisti”, pubblicato nel volume “La capitale della RSI e la Shoah”, edito nel 2006 nella collana “Studi bresciani. Quaderni della Fondazione Micheletti”. Originari di Mantova, i Dalla Volta erano a Brescia dal 1936. Guido, padre di Alberto, gestiva un negozio di forniture mediche ed era noto in città perché ricopriva ruoli di rilievo professionale e istituzionale. Viene arrestato il primo dicembre del 1943. Alberto, che ha ventun anni ed è studente di chimica all’Università di Modena, si precipita in questura per offrirsi al posto del padre. Con lui viene arrestato e spedito prima a Fossoli, quindi ad Auschwitz, dove stringe amicizia con Levi. “Alberto è il mio migliore amico – scrive in “Se questo è un uomo” -. (…) Alberto è entrato nel Lager a testa alta, e vive in Lager illeso e incorrotto. Ha capito prima di tutti che questa vita è guerra; non si è concesso indulgenze, non ha perso tempo a recriminare e a commiserare sé e gli altri, ma fin dal primo giorno è sceso in campo”. Alberto e Primo, che lavorano nei laboratori vicini al campo di concentramento, sono legati da uno strettissimo patto di alleanza, insieme escogitano mille strategie di sopravvivenza, di cui Levi riferisce in diverse sue opere, e insieme diventano un punto di riferimento per molti. Ma il dramma incombe. Nell’autunno del ’44 Guido Dalla Volta viene selezionato per la camera a gas e quando, nel gennaio 1945, le SS decidono l’evacuazione di Auschwitz, Primo, ammalato di scarlattina, viene abbandonato nel campo, mentre Alberto viene fatto partire con tutti coloro che sono in grado di camminare. Il giovane Dalla Volta non era stato contagiato perché la scarlattina l’aveva già contratta da piccolo. Scompare durante la marcia di evacuazione del campo. Levi, una volta rientrato in Italia, raccolse testimonianze su quella marcia e su come i tedeschi, chilometro per chilometro, andavano uccidendo pressoché tutti i prigionieri. Questa fu la sua dolorosa convinzione anche in merito alla sorte dell’amico, ma la madre di Alberto, Emma Viterbi, e il fratello minore Paolo non accettarono mai questa verità, tanto da compromettere i rapporti con Levi. Loro, che si erano salvati perché nascosti presso una famiglia di Magno di Gardone Valtrompia, cercarono a lungo sia Alberto che Guido, interessando, tra gli altri, il Vaticano attraverso l’allora cardinale Montini.